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Vaccinazioni pediatriche antiCovid-19: 24 motivi per dire No

Aggiornamento della posizione sulle vaccinazioni antiCovid pediatriche della Commissione Medico-Scientifica indipendente

Marzo 2022

 

Vaccinazioni pediatriche antiCovid-19: 24 motivi per dire No, non avere fretta di vaccinare tuo figlio 

Aggiorniamo il documento sulle vaccinazioni pediatriche con informazioni rilevanti comparse negli ultimi tre mesi nella letteratura scientifica, ribadendo la richiesta di un confronto sul tema con il CTS governativo.

 

  1. Non c’è alcuna emergenza Covid tra i bambini.

Tutti gli studi scientifici sono concordi su questo punto: se contagiati dal SARS-CoV-2, i bambini sono in genere asintomatici o con sintomi lievi.
 

  1. Da quando la variante Omicron è diventata dominante si sono registrate più infezioni tra i bambini, ma di minore gravità.

Rispetto alle infezioni da variante Delta, nella fascia sino a 5 anni si è registrata una riduzione:

  • del 29% di accessi al Pronto Soccorso

  • del 67% dei ricoveri

  • del 68% degli accessi in terapia intensiva

  • del 71% per il ricorso a respirazione assistita,

che nei bambini costituivano comunque eventi rari.
 

  1. I rischi di ricovero per Covid nei bambini sono molto ridotti.

I ricoveri in terapia intensiva sono molto ridotti: 252 nell'intera popolazione pediatrica italiana, da 0 a 15 anni, circa 1 su 33.000 bambini, spesso affetti da altre patologie. In Germania, tra bambini 5-11 anni senza patologie, il rischio è stato di 1 su 50.000, e nessuno è morto.
 

  1. Non c’è aumento di mortalità per Covid tra i bambini.

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha registrato finora 40 decessi da 0 a 15 anni in due anni di pandemia, quindi circa 20 casi/anno, corrispondenti a 1 decesso ogni 410.333 bambini/anno, cioè 0,24 decessi ogni 100.000/anno. 20 morti all’anno sono anche circa 100 volte meno dei 1.920 bambini da 0 a 14 anni morti in media ogni anno nel quinquennio 2015-2019 (Istat). Buona parte di tutti questi decessi annui da altre cause sarebbero prevenibili, e meriterebbero ben maggiore attenzione. Invece, non è scontato che le vaccinazioni avrebbero impedito il decesso di tutti i 20 morti/anno da COVID-19, trattandosi in maggioranza di soggetti già affetti da serie patologie, per i quali non sappiamo se il SARS-CoV-2 sia stata l’unica causa della morte.
 

  1. La MIS-C è rara/molto rara.

La sindrome di infiammazione multisistemica pediatrica temporalmente correlata a Sars-CoV-2 (PIMS-TS, detta anche MIS-C) è rara (3,16 su 10.000 bambini infettati con Sars-CoV-2 negli USA, dove colpisce per lo più bambini neri, ispanici e asiatici rispetto ai bianchi, e molto rara in Germania: 1,7 su 10.000 casi positivi). In un confronto negli USA, il rischio annuo di ricovero per MIS-C è stato circa la metà di quello di ricovero per influenza o per virus respiratorio sinciziale nei bambini da 5 a 10 anni. La sola influenza ha provocato un numero di giorni/anno di ricovero quanto Covid-19 più MIS-C insieme.

Con la vaccinazione di massa, stanno anche iniziando segnalazioni di MIS-C in bambini dopo la vaccinazione.
 

  1. Durata e gravità dei sintomi del “Long Covid” sono simili a quelli di comuni patologie virali.

Il numero dei sintomi sembra in media persino minore: nel Regno Unito ha avuto sintomi persistenti a 4 settimane l’1,8% dei bambini dopo COVID-19, lo 0,9% dei bambini dopo altre infezioni virali respiratorie; ma in media con COVID-19 ha avuto solo 2 sintomi, e 1 spesso è stato anosmia; con altre infezioni respiratorie 5 sintomi.

Le richieste di consulenze mediche nei pazienti post COVID sono risultate minori rispetto a quelle dei pazienti colpiti da altre infezioni respiratorie, e i quadri clinici non sono stati nell’insieme più impegnativi. Terapie precoci efficaci possono ridurre la gravità dei rari casi complicati e le conseguenze a lungo termine.
 

  1. Altri Paesi non raccomandano la vaccinazione pediatrica:

in Svezia perché, secondo l’Agenzia della Salute, i benefici non superano i rischi; in Norvegia non esiste una raccomandazione per vaccinare tutti i bambini perché “i bambini raramente si ammalano in modo grave e la conoscenza sugli eventi avversi rari o che possono manifestarsi a distanza di tempo dalla vaccinazione è limitata”. Altrettanta cautela vige nel Regno Unito, dove la vaccinazione è consigliata per la minoranza di bambini tra 5 e 11 anni a rischio di serie complicazioni o conviventi con soggetti immunodepressi.
 

  1. I bambini non sono causa importante di trasmissione in famiglia.

I bambini non sono i maggiori determinanti nella diffusione del virus nemmeno in ambito familiare.
 

  1. Anche vaccinando i bambini (e chiunque) non si può raggiungere l’immunità di gregge.

È impossibile ottenere l'immunità di gregge con le vaccinazioni in uso a causa:

  • della rapida diminuzione della protezione indotta dal vaccino, che già con la variante Delta a 6-7 mesi (pag. 27) o 9 mesi poteva diventare persino negativa, anche in modo significativo, come mostrano le figure sotto riprodotte:

 

 Probabile inversione della protezione protezione negativa a 9 mesi

  • dell’incapacità di prevenire la trasmissione di SARS-CoV-2 a distanza del completamento del ciclo vaccinale

  • della presenza di un gran numero già identificato di serbatoi animali, selvatici ma anche domestici, per il virus Sars-CoV-2: cani, gatti, altri felini, mustelidi, roditori...
     

  1. I vaccini si sono rivelati inefficaci nel prevenire l’infezione ARGOMENTO DECISIVO

  • nelle due settimane circa successive all’inoculo,

  • nel medio termine, perché la protezione dall’infezione, che parte bene dopo i primi 14 giorni, quasi si azzera 5 mesi dopo la 2a dose, sino persino a invertirsi, perché i soggetti completamente vaccinati diventano addirittura meno protetti dall’infezione. Ciò è dimostrato già con la variante Delta anche in Italia dall’ISS, che ha pubblicato sul BMJ i seguenti grafici:

 

waning protection high risk people

 

  1. La variante Omicron ha ridotto l’efficacia dei vaccini

DanimarcaIn Danimarca l’efficacia pratica è risultata 55% nel 1° mese dopo l’inoculo, a tre mesi era prossima allo zero, ed è precipitata a -76,5% tra i 3 e i 5 mesi. Una 3a dose ha fatto risalire la protezione ai livelli iniziali, ma quanto durerà? Israele e il Ministero della Salute italiano parlano già di 4a dose per tutti…

Nello Stato di New York, nei bambini di 5-11 anni

  • la protezione dal ricovero è diminuita al 48 % un mese dopo la 2a dose

  • la protezione dall’infezione è crollata al 12% dopo un mese, e si è addirittura invertita a soli 45 giorni, per cui i non vaccinati si sono infettati il 30% in meno rispetto ai vaccinati, come dal grafico qui riprodotto.

Ciò significa che uno dei maggiori argomenti usati a favore della vaccinazione dei bambini, ridurre i rischi per anziani fragili ed eventuali compagni di scuola che non si possano vaccinare, si rovescia nel suo opposto dopo solo un mese e mezzo dalla 2a dose.

 

  1. I non vaccinati non favoriscono in modo particolare varianti e circolazione virale.

La mancata vaccinazione non favorisce la circolazione del virus e la nascita delle varianti rispetto ai vaccinati, nel medio periodo. Infatti, in un anno di 52 settimane, se il bambino non si infetta non è mai infettivo, se si infetta lo è per una settimana, e per le altre 51 è diventato immune. Anche il vaccinato è più suscettibile a infezioni nelle due settimane che seguono l’inoculo, che oltretutto va ripetuto almeno tre volte, con somma dei relativi periodi di maggior suscettibilità alle infezioni (e delle reazioni avverse).

 

  1. Se non valesse quanto chiarito ai punti 11 e 12, non sarebbe comunque etico vaccinare i bambini per proteggere indirettamente altri.

Se anziani e soggetti fragili sono immunizzati, i rischi di trasmissione derivanti dalla mancata vaccinazione dei bambini sono molto ridotti, quanto meno nei primi mesi dopo la vaccinazione, prima che la protezione declini.

 

  1. Non è accettabile ricorrere al ricatto dell’esclusione dalla vita sociale per costringere i bambini alla vaccinazione.

Oltretutto, la loro esclusione dalla vita sociale non è neppure razionale, come spiegato ai punti 20 e 21.

 

  1. Il numero di bambini (e di eventi rilevati) nei trial sui vaccini è insufficiente.

Il numero di bambini reclutati negli studi clinici di fase 2/3 (1517 vaccinati vs 751 con iniezione salina) e seguiti per soli 2,3 mesi è del tutto insufficiente per rilevare possibili eventi avversi gravi e rari.

 

  1. I rischi della vaccinazione pediatrica superano i benefici (salvo eccezioni).

I rischi della vaccinazione COVID-19 in età pediatrica superano in modo dimostrabile i benefici, sia negli studi registrativi, sia nei pochi esempi di sorveglianza attiva, che mostrano reazioni avverse nella maggioranza dei vaccinati, e reazioni severe, con impatto sulla salute (dall’impedire la normale attività quotidiana al richiedere assistenza medica di intensità crescente), nell’11%~ di 12-17enni dopo la 1a dose e nel 27% in media dopo la 2a dose (Table 3 del pdf). L’AIFA afferma “non si rilevano al momento segnali di allerta in termini di sicurezza”. Mentre il Rapporto Annuale AIFA, basato sulla sorveglianza passiva, cioè sulle segnalazioni spontanee, riporta (al 26-12-2021) sole 109 segnalazioni di sospette reazioni avverse in media ogni 100.000 dosi somministrate, il rapporto v-safe (sorveglianza attiva), pubblicato dai CDC (Centers for Disease Control and Prevention) negli USA (table 5) riporta per i 2 vaccini a mRNA 68.600 reazioni x 100.000 prime dosi somministrate e 71.700 reazioni x 100.000 seconde dosi.

Ne consegue che il Report AIFA riporta una frequenza di segnalazioni ~640 volte inferiore a v-safe, dimostrando la totale inadeguatezza della sorveglianza passiva.

Sbaglierebbe chi pensasse che tale incredibile divario riguardi solo reazioni lievi, di scarsa importanza. Se infatti si considerano le reazioni gravi (severe), “con impatto sulla salute”, la sottovalutazione per paradosso è ancora maggiore. Infatti v-safe riporta ~1.250 volte più reazioni avverse severe rispetto al Rapporto AIFA.

 

  1. Bambini e adolescenti sarebbero esposti a rischi di eventi avversi anche severi

non solo immediati, ma possibili anche a medio e lungo termine, che iniziano a emergere con aumento di miocarditi nei maschi, di irregolarità mestruali nelle femmine e di malattie autoimmuni. Gli eventi avversi possono aumentare con i richiami, prospettati ormai almeno ogni anno.

 

  1. Le miocarditi: nonostante non ne sia ancora definita l’esatta incidenza, dopo la seconda somministrazione del vaccino Pfizer le segnalazioni spontanee di miocardite nei maschi di età 16-17 anni sono risultate oltre 100 volte maggiori rispetto ai casi attesi,

vaers

mentre per i maschi di età inferiore ai 40 anni si registra un eccesso di 3, 12 e 13 casi di miocarditi/milione nelle 4 settimane dopo la 1a, la 2a e la 3a dose del vaccino Pfizer; e di ben 12 e 101 casi di miocarditi/milione dopo la 1a e la 2a dose del vaccino Moderna.

Nei ragazzi di 12-17 anni con precedente infezione e senza comorbidità, anche una dose comporta più rischi che benefici.

A differenza di quanto sostengono le Società Professionali pediatriche, che minimizzano la gravità di queste mio/pericarditi vaccinali, l’European Medicines Agency (EMA) ha confermato che il decorso delle mio/pericarditi nei vaccinati non è diverso da quello che tali patologie presentano nella popolazione generale: dunque costituiscono sempre eventi avversi gravi.

 

  1. Gli esiti più definitivi (mortalità totale, non solo da COVID) negli studi clinici con vaccini a mRNA sugli adulti non sono ad oggi rassicuranti,

e richiederebbero un urgente approfondimento scientifico, come pure l’eccesso di mortalità nelle fasce di età inferiori ai 65 anni nel 2021 rispetto al 2020 che emerge in EuroMOMO, coerente con i dati ISTAT 2021 verso 2020 disponibili per giovani adulti italiani.

 

  1. In generale è controproducente impedire l’infezione da Sars-CoV-2 nei bambini.

Questo perché li espone al rischio di contrarre la malattia in età più avanzate, con maggiori possibilità di decorsi più gravi, mentre in età pediatrica la malattia è quasi sempre lieve o asintomatica e produce un’immunità naturale persistente.
 

  1. Con opportune cautele, l’immunità naturale andrebbe favorita in queste fasce d’età.

Vanno discusse in base a dati scientifici strategie che consentano lo sviluppo dell'immunità naturale nei gruppi a minimo rischio di forme gravi di COVID-19, poiché allo stato delle conoscenze l’immunità acquisita con l’infezione naturale è più robusta e duratura di quella vaccinale. Ciò dà un vantaggio individuale al bambino, ma anche alla sua famiglia, ai nonni e all’intera comunità.
 

  1. I conflitti di interessi rendono tanti studi poco affidabili. Gli studi randomizzati sinora pubblicati sono finanziati dal produttore, gli autori hanno in maggioranza importanti relazioni finanziarie con le industrie produttrici o sono loro dipendenti, il numero di eventi è basso al momento dell’interruzione/rottura anticipata del doppio cieco, lo stesso mantenimento iniziale del doppio cieco è quanto meno poco chiaro: queste quattro condizioni portano ciascuna a esagerare in modo sistematico i benefici e la sicurezza dei prodotti in corso di valutazione.
     

  1. Le società professionali, finanziate dalle case farmaceutiche, non esprimono linee guida e raccomandazioni indipendenti.

Importanti Società professionali che insistono per una vaccinazione universale dei bambini ricevono cospicui finanziamenti dalle industrie farmaceutiche (esempio).
 

  1. Non sono ancora disponibili cure per i bambini danneggiati da questi vaccini,

mentre sono disponibili interventi profilattici e utili terapie precoci per la COVID-19 (da min. 30').

Vaccinazioni pediatriche antiCovid-19: 24 motivi per dire No (300.44 KB)
Stellungnahme der Unabhängigen Medizinisch-Wissenschaftlichen Kommission zu pädiatrischen Covid-Impfungen (364.02 KB)